Il Simbolo di fede nella tradizione cristiana: forme, contenuti e uso liturgico

Presentazone della relazione di di mons. Sandro Piussi all’incontro degli operatori della liturgia che si è tenuto sabato 16 febbraio 2013: Il Simbolo di fede nella tradizione cristiana: forme, contenuti e uso liturgico.

In linea con il tema pastorale della diocesi e il cammino della Chiesa universale per il 2012-2013 è stato proposto a tutte le persone impegnate in vario modo nella vita liturgica delle nostre comunità l’incontro degli operatori della liturgia. Un’occasione preziosa per soffermarsi sulla liturgia come principale momento di professione ed esperienza della fede. Così i vescovi italiani:
La liturgia è scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto, ”luogo educativo e rivelativo”» in cui la fede prende forma e viene trasmessa. Nella celebrazione liturgica il cristiano impara a “gustare com’è buono il Signore” (Sal 34,9; cfr. 1 Pt 2,3), passando dal nutrimento del latte al cibo solido (cfr. Eb 5,12-14), “fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef, 4-13)».[1]
1.        Scuola permanente della fede. Nella celebrazione, infatti, la fede non è innanzitutto “saputa” o “conosciuta”, ma vissuta nell’azione che il rito fa compiere. Di conseguenza, quando l’assemblea santa si compone, chiede perdono, ascolta la Parola di salvezza, fa memoria e invoca lo Spirito nella grande preghiera eucaristica e si accosta ai doni del Corpo e del Sangue del Signore professa la sua fede.
2.       Una fede che prende forma. La liturgia non soltanto “dice” la fede, non solo esprime i contenuti della fede (cfr. Simbolo), ma dà forma alla fede facendosi azione partecipata che permette ai credenti partecipanti di assumere la forma dei riti. Agostino ricordava ai suoi neofiti facendo memoria dei riti dell’iniziazione cristiana che avevano vissuto:
Così pure voi si direbbe che prima siete stati macinati con l’umiliazione dell’esorcismo e con il sacramento del digiuno. Sopraggiunse il battesimo e, in certo modo, siete stati impastati con l’acqua per assumere la forma del pane (ut ad formam panis veniretis).[2]
La gestualità eucaristica plasma il credente affinché possa conformare a Cristo il cuore e la vita. Non è questo il valore dell’invocazione dello Spirito in ogni Preghiera eucaristica? La trasformazione in un corpo solo di coloro che mangeranno di quell’unico pane e berranno di quell’unico calice. Tale realtà non avviene innanzitutto per l’assimilazione di alcuni valori, ma per l’esperienza sacramentale ove i credenti partecipano attraverso i riti e le preghiere (SC 48) al mistero di salvezza, mistero da credere, della morte e della risurrezione del Signore.
 
L’incontro si propone di aiutare gli operatori in ambito liturgico ad acquisire maggiore coscienza della liturgia come vero e primario atto di fede e a tradurre nel vivo delle celebrazioni questa consapevolezza.

[1] Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana 2010-2020.
[2] Agostino d’Ippona, Sermone 227 habitus in die sancto Paschae. Ad infantes de sacramento
 
 
Presentazione mons. Piussi
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