Un’iniziativa del nostro Istituto Superiore di Scienze Religiose, in merito ai riti cristiani nella morte dell’uomo,un tema particolarmente interessante nell’attuale contesto culturale anche a seguito della pubblicazione dell’adattamento della Chiesa italiana del Rito delle Esequie.
Morire oggi: una morte non vissuta
Il morire, con ciò che precede e ciò che segue, suscita molti interrogativi e accende notevoli riflessioni nel nostro tempo, anche in ambito ecclesiale. Pur rimanendo immutato il radicamento della fede cristiana nel mistero della morte e della risurrezione di Cristo, assistiamo sempre più a vistose trasformazioni a livello sociale e culturale. In questo contesto l’esperienza del morire o il morire come esperienza è una realtà sovente emarginata e non vissuta: non soltanto l’uomo di oggi non muore più in casa bensì in ospedale o nelle case di riposo, ma la morte stessa appare sovente oggetto di derisione o di occultamento. Il venir meno di un rapporto quotidiano e diretto con il morire a causa dell’affidamento del morente a strutture mediche e a un personale specializzato, la perdita di un vocabolario gestuale e verbale per reagire al sopravvenire della morte, l’allontanamento del corpo del defunto dalla vista e dal contatto dei vivi, soprattutto se bambini, ha portato alla rimozione della morte e del suo impatto simbolico. Inoltre l’evento stesso del morire appare sovente circondato da una cortina di reticenza e di ipocrisia; da un lato la morte è studiata e conosciuta medicalmente, addirittura prevista nei tempi, e dall’altro viene a mancare quell’ars moriendi, in altri contesti praticata con cura e intensità di gesti, parole e relazioni, che offre le premesse credibili del “senso” per chi muore e per chi vive. Non va sottaciuta neppure la diffusa presa di distanza dalla dimensione rituale, per cui spesso i pastori vengono contattati per celebrazioni frettolose affinché i morti in qualche modo vengano “allontanati” rapidamente, senza la presenza della comunità dei fratelli e senza i gesti e le parole consegnati dalla tradizione. Le anonime cappelle degli obitori sembrano essere preferite alle chiese parrocchiali. Tale diffuso comportamento appare ancora più evidente nei contesti urbani.
La tradizione, non solo cristiana, conosce invece una vasta gamma di pratiche legate agli istanti che precedono, costituiscono e seguono il morire dell’uomo. Si tratta di azioni, parole, silenzi, movimenti, stasi, linguaggi (mangiare, vestire, velare, cantare, mostrare, nascondere, vegliare, disporre lo spazio) che danno forma ad uno “stile” (K. Rahner) del morire e del morire cristiano. Forme che danno forma alla fede e liberano dal silenzio imbarazzato dell’uomo contemporaneo di fronte alla morte.
Le risorse del rito cristiano
La nuova edizione per la Chiesa italiana del Rito delle Esequie insiste su questo punto nodale: il morire ha bisogno delle risorse simboliche di cui l’esperienza rituale umana dispone. Quando le parole si fanno rare e l’enigma, la ribellione e il pianto sembrano offuscare la serenità, la liturgia si accosta con delicatezza, ma anche con tutta la gamma dei suoi gesti, parole, silenzi, canti, movimenti. L’indicibile si fa dicibile nel simbolo rituale. I mezzi di comunicazione – e la televisione in primis – offrono sempre più immagini e riprese di riti funebri, soprattutto in circostanze particolari, come nel caso di funerali di stato o delle esequie di personaggi famosi del mondo della politica o dello spettacolo. Ciò che accade in quei contesti non di rado si estende anche in contesti minori: spesso la liturgia è trasformata in show, si sprecano gli applausi, i flash delle macchine fotografiche e gli immancabili discorsi di circostanza. L’afasia di fronte alla morte sembra trovare una via d’uscita nel suo contrario, o nella spettacolarizzazione o nell’esibizione delle emozioni: in realtà la morte e il suo mistero rimangono sempre al di là del palcoscenico. La liturgia può rivelarsi alternativa affidabile alla morte-spettacolo nella misura in cui, attraverso il ricco e molteplice tesoro di cui è portatrice, celebra la Vita attraversando il morire dell’uomo e non semplicemente e freddamente “guardandolo” dal di fuori.
Il laboratorio teologico-pastorale
Il nuovo adattamento CEI del Rito delle Esequie è occasione preziosa per riprendere in mano un capitolo spesso trascurato, ma centrale in ordine al contenuto della fede e alle istanze provenienti dalla cultura odierna. Questo è il compito che si prefigge il laboratorio teologico-pastorale I RITI DEL CONGEDO. CELEBRARE LE ESEQUIE CRISTIANE OGGIdell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Udine nel primo semestre dell’Anno Accademico 20012-2013 (martedì, dalle 19.15-20.45) a cura del prof. don Loris Della Pietra. Durante il corso verranno analizzate le ragioni dell’adattamento italiano al Rito delle Esequie e gli studenti verranno aiutati a conoscere lo strumento per utilizzarlo compiutamente nella celebrazione e nella preparazione dei riti esequiali.
Coloro che fossero interessati al laboratorio possono rivolgersi alla segreteria dell’ISSR (viale Ungheria, 22 – 33100, Udine), tel. 0432. 298120 e-mail: info@issrudine.it sito web: www.issrudine.it